Che cosa spinge un autore a scrivere libri per i quali impiega mesi di studio, tempo, energie e notti insonni, per cercare di dire bene ciò che ha da dire, pur sapendo che due scoregge su carta di un’ influencer vendono e lui probabilmente no?
Che cosa spinge un autore a iscriversi ai premi letterari e a pagare le iscrizioni (non sono gratis) sapendo che non è assicurato alcun risultato?
Che cosa spinge un autore a scrivere ancora e ancora, quando in Italia ci sono più scrittori (o sedicenti tali) che lettori e rischia di essere associato di default al pantano mobile che si è creato, al di là della qualità o meno, dei suoi scritti? (Perché non è mica un Camilleri).
Che cosa spinge un autore a pubblicare un libro (sempre dopo aver trovato un editore decente) che sa che non venderà come, appunto un Camilleri, perché coloro i quali lo comprerebbero sono coloro ai quali lo regala? Ovvero, la platea infinita che parte dalla parentela di primo grado fino alla compagna di banco delle elementari della sorella della portinaia. Che poi sono anche coloro che, alla fine, non lo comprerebbero perché si aspettano che glielo regali (che è un po’ come andare al negozio e aspettarsi in regalo la bottiglia di Merlot perché il negoziante era in classe con lo zio di tuo zio).Non ho finito con le domande, caro povero, bistrattato libro fatto di carta e parole in fila, nell’ opinione comune, spesso considerato alla stregua di un Tavernello.
Firmato: un’ autrice sbronza che però lo sa.