(dal romanzo inedito Il Cercatore di Meraviglie)

“I sogni non svaniscono, finché le persone non li abbandonano”, diceva Capitan Harlock nel mio cartone d’infanzia preferito.

Io odio l’orientamento.

Nuova chiamata. Un altro liceo scientifico in cui mi hanno chiamato per una supplenza dall’oggi al domani. E chissà per quanto. Intanto fanno già due settimane. In realtà dovrei distrarmi un po’, magari prendere una piccola vacanza. L’emicrania è forte. Ma non posso. Anzi, mi sono reso disponibile per l’open day della nuova scuola. Non so se è stata una bella idea.

Un gruppo di genitori e ragazzi mi segue nel giro delle classi, fino al laboratorio informatico. Un labirinto di aule e corridoi piuttosto inquietanti. Nemmeno io li conosco ancora bene.

“Allora Simona, direi che questa è proprio una bella scuola: hai visto quanti pc? Uno a testa, mica come quella che vuoi fare tu. Questo è un liceo come Dio comanda!”, sento dire una madre alla figlia.

“Mamma te l’ho già detto che io non voglio fare lo scientifico, voglio fare il pro-fes-sio-na-le! Sei tu che mi hai trascinato qui”.

“Ma quale professionale!”, la incalza la donna.

“Dove credi di andare con una scuola del genere”.

Mi intrometto.

Non lo avessi mai fatto! Ma sono abbastanza contrario all’orientamento forzato. Spesso finisce per essere la dimostrazione di quanto poco osserviamo e ascoltiamo i nostri ragazzi. E poi l’orientamento in questo contesto, appunto per la sua etimologia, non può essere coercitivo o non sarebbe più orientamento. Orientamento scolastico è l’insieme dei procedimenti che tendono ad accertare le attitudini di una persona per indirizzarla (non obbligarla, n.d.a.) alla scelta di una scuola o di un lavoro.

“Scusa…Simona, vero?”

“Sì, Simona”

“Che scuola vorresti fare?”, chiedo rivolgendomi alla ragazzina.

La madre si intromette e risponde per lei. Lei fa una smorfia di disapprovazione, che colgo e condivido.

“Vorrebbe fare il professionale…La ceramista vuole fare”, si affretta a dire la madre. “Ma è così brava a scuola! E poi ha voti alti in matematica e scienze. Anche gli insegnanti sono orientati verso lo scientifico…”

“Certo signora, ma se a Simona piace lavorare la ceramica, perché non assecondarla. Per una volta che una ragazzina ha le idee chiare…”

“E poi cosa va a fare? L’operaia in una fabbrica di ceramiche? Che spreco”.

“Mamma, ma a me piace davvero…E poi tanto dopo non voglio fare l’università”, si inserisce timidamente ma con risolutezza la ragazza.

“Da quando ha fatto quel corso di ceramica si è convinta che questo è quello che vuole fare”, mi dice la madre, senza nemmeno degnare Simona di attenzione. “Ma che sogno è lavorare in una fabbrica per più di otto ore al giorno!”.

“Signora, lo dico contro i miei interessi e quelli della scuola, ma i sogni dei nostri ragazzi non sono necessariamente i nostri. E poi quest’area geografica ha una lunga tradizione di ceramica. Ha sfornato talenti richiestissimi anche all’estero. Anche fare il ceramista è un lavoro dignitoso, oltre che artistico. L’Istituto al quale accenna forma ad una professione artigianale che sta tornando e apre più verosimilmente all’occupazione post diploma che non un diploma scientifico”, mi azzardo a dire.

A questo accenno utilitaristico la madre si spegne. Forse sta pensando o forse è solo interdetta.

“Mah…”, si limita a rispondere.

“Forse dovremmo dare un po’ più voce a questi ragazzi”. E chiudo.

La madre resta in silenzio. Non si aspetta questa risposta. Alla ragazzina, invece, brillano gli occhi. Forse ci ritenterà. Forse vede un barlume di speranza nell’affermazione di sé stessa su questa madre così ingombrante. E mi viene in mente Serena Baggio per un fatto analogo ma inverso. Serena sfidò tutti con la sua scelta, sfidò il giudizio e il pregiudizio della comunità adulta che avrebbe dovuto aiutarla ad orientarsi e che, invece, l’avrebbe persa.  Scelse il Liceo Scientifico e se la cavò bene. È evidente che già allora nel suo silenzio, in realtà, aveva già un gran bel carattere. Secondo i docenti, mi raccontò un giorno sua madre, le era stato indicato proprio un professionale. Ironia della sorte, nella fattispecie dell’Istituto di ceramica di cui sopra. Madre e figlia erano concordi nella scelta dello scientifico, al di là del fatto che fosse dislessica e discalculica, e perseguirono insistendo per la loro strada. Serena lo ha dimostrato alla grande: con i giusti strumenti e una didattica inclusiva, anche un DSA può arrivare ovunque e anche oltre. L’oltre di cui parlo include anche l’Oltre che molti adulti hanno perso di vista e che servirebbe a questa scuola ipometrope.

Per questo credo relativamente all’orientamento. Non ci rendiamo conto di quanto il nostro giudizio, anche se vuole essere solo orientativo, possa pesare. Specialmente quando i ragazzi li conosciamo poco o nulla.

Se dite ad un ragazzo che non ce la può fare, si rischia che prima o poi ci creda. Smettiamola di decidere al posto dei ragazzi, piuttosto mettiamoli ella condizione di poter scegliere da soli. Di potere anche sognare, altrimenti prima o poi smetteranno di sognare. E senza sogni diventeranno automi alla mercé delle leggi di mercato. Smettiamola di calpestare i loro sogni. Lasciamo i sogni ai sognatori o si essiccheranno sull’asfalto come fiori strappati troppo presto. La scuola non è tutto. Anzi, a volte è di intralcio. Manzoni veniva descritto come svogliato. Einstein lo credevano ritardato. Persino alla mia cara poetessa Alda Merini negarono l’ammissione al liceo.

C’è una poesia di William Butler Yeats che recita più o meno così. Mi pare si intitoli “He Wishes for the Cloths of Heaven”. Reminiscenze universitarie…

 Se avessi i drappi ricamati del cielo,

Intessuti di luce d’oro e d’argento;

I drappi blu, o quelli offuscati e scuri

del giorno, della penombra e della notte,

 Ecco! Io stenderei quei drappi

sotto ai tuoi piedi.

Ma essendo povero, ho soltanto i miei sogni;

ed essi ho steso sotto ai tuoi piedi.

Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.”

Questo è esattamente ciò che fanno i nostri figli e i nostri alunni con noi: stendono i loro Sogni sotto ai nostri piedi.

Cerchiamo di camminare leggeri.

[…]