Nel tramonto dell’anima bisogna fare presto.

Svelto!
Il giorno muore. Muore per tutti e con esso moriamo.

Un po’ tutti.

Del lutto vittime e committenti. Attenti! Nessuno è escluso.

Come? Sì, anche per te. Anche per te potrebbe non esserci l’alba.

Anche quando debole e scialba, non diamola per scontata.

Non è la bomba. Non il mandante. Non il mandante del mandante.

E’ il cuore che muore dove più non genera. Svelto!

E’ tardi, troppo tardi. Parti. Partiamo. Non tutto è perduto.

Dobbiamo andare, uscire, cercare,

nelle crepe più profonde e dannate.

No, non fermare la speranza. Da quella stanza, esci!

Non c’è zona di comfort per nessuno.

Non posso non sperare ad un’intercapedine abbastanza larga.

Una faglia. Infilarsi nella maglia. Fitta. E’ quella che ci fotte!

I figli! Scegliete i bambini, quelli ci passano meglio.

Svelti!

Dobbiamo andare, uscire, cercare.

L’attesa è un ordigno, il dolore pressante

come l’ondata termobarica.

Quando non esplode, implode.

Amara resta una qualche forma di bellezza esteriore, aspra.

Dove cazzo è un dottore! Qui si muore!

Il corpo intatto, l’anima sfatta.

Grottesco gioco del destino a testimoniare

l’intima lacerazione. Fetale. Fatale.

Un corpo, due, cento.

E’ troppo tardi. Io mollo, mi sento molle in quest’assenza di Dio.

Porca puttana! Non ora, No, non io! Bisogna scavare.

Scovare l’antro dov’è nascosto.

Spezzarsi le unghie nell’atto.

Più a fondo! E’ questo! E’ il posto!

Eccolo! Forse lo abbiamo raggiunto! Impolverato. Consunto.

Ma non importa. Lo abbiamo trovato! E’ qui!

Ma ora andate. Andiamo.

Dobbiamo andare, uscire, cercare.

Altrove. Altre fosse. Tra le ossa smosse. Tra le macerie.

Disseppellitelo, io credo sia lì!

Forse batte ancora. Ora!

Sepolto dall’indifferenza di una follia insensata.

Per Dio! Un po’ di amorevolezza!

Ditemi, se dopo tanto scempio esisterà ancora Bellezza?

No, io non mollo. E’ folle. Ma arriveremo anche lì.

Uscite! Usciamo! Andate! Andiamo! E poi tornate! Torniamo

Forse solo allora lo ritroveremo. Nelle nostre comode dimore.

In quella stanza. Dove, per dimenticanza, rischia di affondare.

Dove dell’incuria abbiamo toccato il fondo.

Dove altrimenti muore, ignaro dei confini di terra o di guerra.

Alla fine, l’amore.

(© 2017 Stefania Contardi)

 

(foto CNN)