Come distrarre i figli dai compiti: scrivere una storiella “petagogica” a 6 mani e indire un concorso domestico di illustrazione. (ottobre 2017).

Potti, la scoreggia più piccola della famiglia, era a suo agio in casa dei Ventograsso.

La signora Ventograsso le voleva bene come ad una figlia.

La signora Ventograsso faceva la casalinga. Un lavoro non remunerato ma assai importante. Oserei dire fondamentale al buon andamento familiare. Si alzava presto la mattina, preparava le colazioni, accompagnava i figli a scuola…eccetera, eccetera. A colazione amava cucinare soprattutto il minestrone alla genovese, la pasta con i fagioli e i broccoli gratinati al forno. Diceva che la colazione era il pasto più importante di tutti e avendo davanti tutta la giornata, doveva rappresentare una bella fonte di energie per affrontare le attività quotidiane. Ecco perché la signora Ventograsso faceva il pranzo a colazione e la colazione a cena.

Potti viveva bene e le mura di casa rappresentavano la sua zona di comfort: la sala e il grande divano soffice di velluto verde erano il suo luogo preferito.

“Ci si sprofonda che è una meraviglia!”.

Non usciva molto e quando usciva la tenevano sempre al guinzaglio. Ecco perché preferiva starsene libera a casa, piuttosto che legata fuori. Ma non era sicura che questa fosse effettivamente quella libertà di cui aveva tanto sentito parlare. Quella libertà che quando si diventa grandi non può limitarsi ai confini domestici. Allora un giorno, spinta da curiosità irrefrenabile, decise di fare qualcosa di diverso e di andare a scuola con Sissi.

Sissi era la secondogenita di casa Ventograsso e frequentava la seconda elementare. Il viaggio da casa a scuola fu piuttosto comodo e accogliente. L’auto di famiglia che sobbalzava ad ogni buca la cullava in uno stato di semi incoscienza che venne interrotto solo dallo sgolarsi di una moltitudine di bambini all’entrata della scuola.

Poi fu il silenzio.

Era entrata la maestra Quieti Pina di italiano. Tutti zitti e attenti. Alla ventesima ripetizione in rigoroso ordine alfabetico, Potti aveva imparato con recitazione impeccabile la filastrocca dei mesi, molto meglio della  Smemorati: trenta giorni ha Novembre, con April, Giugno e Settembre. Di ventotto ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno. “Evviva! Se continuo così potrei anche essere promossa in terza senza nemmeno aver fatto la prima”, pensò Potti. E decise di seguire Sissi anche il giorno seguente e quello seguente e quello seguente ancora.

“Accidenti, forte questa cosa degli amici del trenta! Anche io voglio essere come loro con così tanti amici!”.

E decise di conoscerli tutti: 21+9, 22+8, 23+7, 24+6, 25+5, 26+4, 27+3, 28+2, 29+1, 30+0. “Bello essere amici di tutti!”.

Le seggioline della classe seconda B erano scomodissime. Strano che non se ne fosse accorta prima. Forse i primi giorni era talmente emozionata che non ci aveva fatto caso. Improvvisamente sentì l’esigenza di muoversi. Dopo tutte quelle ore di immobilizzazione sentiva l’impellenza di cambiare posizione, di mettersi un po’ più comoda. Per fortuna Sissi alzò la mano e chiese alla maestra di andare in bagno. Ma la maestra Pina quel giorno era assente, perché aveva il morbillo, al suo posto c’era una supplente con il naso aquilino e la bocca sottile e tirata in un sorriso finto che sembrava le dovessero cascare i denti sulla cattedra.

“Non ammetto che nessuno esca durante la mia ora, a meno che non si tratti di vita o di morte, e non mi pare che tu ti trovi nella seconda situazione”, esclamò con voce nasale.

E Sissi si risedette rigida sulla seggiolina di legno, visibilmente mortificata e scoreggiata…hem volevo dire, scoraggiata. Potti non ne poteva più, doveva muoversi e inoltre la supplente era noiosissima. La brama di farglielo sapere e l’immobilità forzata divennero un’impellenza: la famosa questione di vita o di morte. Aveva sempre pensato che l’entità di comprensione dovesse essere direttamente proporzionale a quella di compressione.  E lei ormai, compressa, incompresa, censurata e imbavagliata antidemocraticamente, decise di far sentire la sua voce. Dopo tutto, ormai faceva parte della seconda D, aveva imparato un sacco di cose e facendosi coraggio, senza nemmeno alzare la mano, esplicitò il suo dissenso:

“PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”, sbottò Potti.

Finalmente Potti disse la sua. Tutti la accolsero con ilarità ed entusiasmo e lei ne fu felicissima, a parte la supplente che indignata si fiondò ad aprire la finestra. Ma ecco che la curiosità di conoscere altro fu così grande che Potti, dopo aver salutato tutti i compagni, solleticando il naso di ognuno, prese la finestra e volò via.

E finalmente fu libera.

Libera in un mondo gigantesco che non conosceva. Un mondo senza confini, senza riferimenti, in cui essere molto o niente è una scelta molto personale. E come tale decise di girarlo quel mondo, consapevole di potersi perdere.

E così fu. Dispersa e felice.

(© 2017 Stefania Contardi & figli)