Un nome, il nome!

Perché si danno i nomi alle cose e alle persone? Perché passiamo giorni tra mille dubbi e ripensamenti per scegliere un nome al nascituro?

Perché sappiamo che è una cosa importante. Perché un nome lo identifica e distingue.

Perché dare un nome alle cose e alle persone significa farle esistere.

Questo è il nome: un vero e proprio atto d’amore. È un atto creativo. E come tale rivela l’esistenza della creazione e dunque del sacro.

In questi giorni, mentre salgo e scendo dall’ospedale per una strada cheè più lo sterrati di un rally (curiosa la scelta di creare un polo specializzato a 1330 metri sul mare, nel nulla di una pineta alpina!), mi siedo quasi sempre vicino a una signora di mezza età che fa la stessa tratta alla stessa ora. Ha un taglio corto piuttosto insignificante e un improbabile colore che vorrebbe essere un biondo cenere. È la mia vicina del bus del Piancavallo. La vedo ogni giorno, eppure fino a che non avrà un nome resterà la mia vicina del bus del Piancavallo. Cambierebbe tutto se magari riuscissi a sapere come si chiama? Certamente! E forse domani glielo chiederò a costo di sembrare impertinente.

Perché un nome identifica e crea una relazione. Non è solo una parola, ma un’identità, un significato e un significante. E conoscerlo crea un legame.

Anche dare un nome alle cose, spesso aiuta a non perdersi per la strada dell’incertezza o del dolore, Ad esempio, è utile sapere cos’è l’inferno, per sapere ciò che inferno non è.  

Mettendo insieme nomi e parole si hanno, poi, delle storie e la tecnica più grande di sopravvivenza è raccontarsi una storia con cui identificarsi.

Sta a noi poi crederci o meno. 

E questo fa la differenza. 

È da qui che inizierà una nuova storia che avrà un nome e che sarà anche titolo di un nuovo capitolo di vita. Una storia di presente che si sopravvive, suo malgrado, per costruire il futuro e dunque la speranza. Anche Speranza è un nome, comune e di persona.

Perché anche se le cose più belle non sono quelle che vengono impacchettate, un nome però è il fiocco più bello. 

Restate sintonizzati!!!!!!

In verità, ho già scritto un libro che mostra l’importanza del nome!

Nel romanzo “Il Trasloco”, trasloco è maiuscolo. È protagonista, il protagonista, assoluto e indiscusso.

È l’entità viva, il drago dell’ansia, dello stress, delle delusioni, delle aspettative, delle nostalgie e delle speranze che, come un circo di saltimbanchi, si porta appresso qualsiasi cambiamento, che rischi di dover affrontare con una scatola di Tavor, ma poi capisci che funziona di più l’ironia.

Al contrario, ogni personaggio, sebbene con una propria identità precisa, è volutamente depersonalizzato, descritto da nomi comuni, a significare il ruolo secondario. Attenzione! Solo in apparenza! È la nevrotica Voce narrante, il Marito santo subito!, il Figlio Numero Uno, il Figlio Numero Due, il Figlio Numero Tre, il Coniglio Nano anziano, il Nonno (stuntman in modalità senile avanzata), la Nonna (grave collezionatrice compulsiva ossessiva)…ma marginali solo fino ad un certo punto del libro che non vi rivelo…Sullo sfondo: una bellissima città di mare piena di contraddizioni (Genova e la riviera ligure di levante).

Se volete saperne di più, trovate “Il Trasloco” in alcune librerie, oppure richiedendolo, o su Amazon e nei maggiori store online.

“Il Trasloco”

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