No, non è come pensate. Non è come ci dicono. Non è come si legge… che la Farnesina, il Consolato, il Ministro degli Esteri ha detto…No, non si stanno adoperando per niente. Noi sì. Dobbiamo sapere tutto, anche quello che non sappiamo. Si scopre cosa fare e come fare, facendolo. Non ci sono mai informazioni univoche o chiare. Di certo non te le viene a dire nessuno. Si fa, estorcendo informazioni,  rubando pezzi, più spesso perdendo pezzi, scrivendo, tempestando di telefonate ambasciate, consolati, agenzie, la portinaia, che quella sa sempre più di tutti. È il volto di una burocrazia sterile in una società liquida, che non è chiara nemmeno a sé stessa. Ci si perde, ma ci si ritrova. E si rema. È che remare in un mare di melma non è facile, quando al verbo  tutelare si sostituisce il verbo manlevarsi da parte delle istituzioni. È minorenne. Ha quindici anni. Solo quindici. E sono in tanti. Tante cose non le sa e nemmeno sarebbe tenuta a saperle. Eppure, anche dall’altra parte si informa, cerca di capire. Calma e gesso.  Piccoli don Chisciotte bilingue nel vento che cambia ad ogni flato di ministro. Penso che se avesse preso un barcone della speranza, sarebbe rientrata prima. Senza documenti, senza scartoffie. Io ero per i porti aperti, ma pare che non siano aperti per tutti allo stesso modo. E poi, non è ancora finita. Ora è solo su un taxi per l’areoporto. Non ci sono più bus. Tutto è cambiato. Non hanno nemmeno una mascherina, non hanno disinfettanti. Non hanno niente. Non si trova niente. Ma hanno le  carte. Si, le Carte! Si puliranno con quelle! E non vado oltre. Poi saranno check-in multipli, controlli multipli dove, però, se non hai quelle carte non passi: tre voli, altrettanti spostamenti, tra terminal e gate e forse arriverà, se non cancelleranno anche solo una coincidenza, come sta succedendo da settimane in qua, e cade il domino della speranza. E se dovesse succedere ancora? Non lo so. Non ci si deve pensare. Non oggi. Perché non ne possiamo più. Tra nuove disposizioni, dichiarazioni, lettere di consenso, certificati, lasciapassare di ogni tipo, copie di documenti di tutti fino al parente di terzo grado che non vedo dalla Comunione, gli intoppi sono dietro l’ angolo. Cazz…Ho dimenticato di inserire i nuovi dati sul mezzo che la preleva…non sarà la mia auto, perché dovremo usare un taxi. Vaffanculo, ormai il file lo avrà stampato! Non c’è più tempo. Ma basta un cavillo per fare saltare tutto.  Non dormo ormai da settimane. È tutto un cercare soluzioni,  soluzioni alternative e soluzioni alternative alle alternative. Da soli. Non abbia avuto supporto alcuno. No. È giusto dirlo. E mentre scrivo esce una nuova nota ministeriale, una nuova certificazione, un nuovo modello da compilare, un nuovo protocollo, ché quelli di ieri sono già obsoleti. E si ricomincia senza passare dal via. E stampa in enne copie il tutto per le autorità varie in uscita, in entrata e ancora  in uscita e in entrata, fino a che hai entrate e uscite… È una lotta contro il tempo, la distanza,  il lock-down, il virus, la paura. Noi siamo qui. Lei là. Oltre la barricata dei divieti. Senza eccezioni. No, non è in Africa, ma nel Regno Unito, oggi più che mai diviso da misure e sentimenti contrastanti. Unito solo nella paura. E  se non ha la stampante? Di fatto non c’è l’ha si è fatta aiutare da un altro studente conosciuto per caso e nella medesima melma. Ora sono compagni di viaggio. Mal comune mezzo gaudio. E si fanno forza. Lo hanno imparato. Piccoli adulti che crescono, anche così, quando altrimenti avrebbero dovuto pensare solo a fare la valigia con quattro mutande e un passaporto. No, questo non è tutelare, è complicare, in un periodo già abbastanza complicato.
Non c’è Stato.
“Non siete Stato voi…non sono stato io”…cantava Caparezza.

E incrocio le dita.
E poi? Poi la quarantena. Felicemente insieme. Finalmente. Perché la percezione della gioia è, ormai, cambiata per tutti.

(fotografia by William Grosso, prezioso compagno di viaggio)